Cap. 1. La formazione della civiltà greca

Il Neolitico, periodo che in Grecia copre l’arco cronologico dal 6. al 4. millennio (6000-3000).
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Le caratteristiche degli insediamenti neolitici e, in particolare, della ceramica, inducono, in alcuni casi, a ipotizzare relazioni con regioni del Vicino Oriente, come l’Anatolia o la regione siro-palestinese (per la Tessaglia e la Grecia centrale), e con l’area balcanica (per la Macedonia); altrove, come in Argolide, sembra più probabile che i mutamenti siano dovuti a sviluppi di carattere locale.
Pag. 12

Creta e le Cicladi sono caratterizzate dall’espansione delle città, dall’adozione del sistema palaziale e dal mantenimento di un intenso livello di scambi; nel Peloponneso e nella Grecia centrale e settentrionale si registra invece una significativa regressione culturale.
…..
Il sistema palaziale, già presente nel Vicino Oriente, è un sistema di organizzazione politico-sociale fortemente centralizzato.
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Il carattere graduale della transizione induce a pensare più probabilmente a infiltrazioni, più che a vere e proprie invasioni, di genti parlanti lingua greca, che si sovrapposero a un sostrato etnico e linguistico precedente in un momento e con modalità difficili da stabilire per noi: ciò sembra trovare conferma nella tradizione, che mostra coscienza che la civiltà greca era nata da una mescolanza di elementi autoctoni (come i Pelasgi di cui parlano Erodoto 1., 56-58 e Tucidide 1., 3) e di elementi sopraggiunti in seguito attraverso migrazioni.
Pag. 15

Sulla scorta di Pierre Carlier, è ragionevole ritenere che il “mondo di Odisseo” corrisponda, nelle sue grandi linee, ad alcune società greche dell’alto arcaismo.
Pag. 26

La triade altare/tempio/temenos, di origine orientale e caratteristica del santuario greco “classico”, si afferma nel corso dell’8. secolo.
Pag. 27

Ma l’importanza del fattore militare nei cambiamenti politici che hanno a che fare con la nascita della polis, intesa come appartenenza a una comunità in cui le prerogative politiche sono attribuite sono attribuite in base alla funzione militare, difficilmente può essere negata.
Pag. 32

La sovranità del popolo, o meglio della maggioranza, si esprime nella partecipazione, garantita da strumenti quali il sorteggio delle magistrature (che assicura un accesso non discriminato e un’opportuna turnazione), il rendiconto delle medesime e, soprattutto, la “messa in comune”, “in mezzo” (eis to koinon, es meson) del processo decisionale.
Pag. 33

Il mondo greco è interessato costantemente da fenomeni di spostamento e di migrazione, con una significativa pluralità di forme che si riflette nella ricca articolazione terminologica.
Pag. 42

Nonostante i timori espressi dagli intellettuali greci, la progressiva “barbarizzazione” delle colonie greche nel campo della lingua e dei costumi venne in genere efficacemente controbilanciata dalla ellenizzazione degli indigeni, producendo una koiné culturale capace di realizzare, tra i diversi elementi etnici delle zone interessate, livelli di interscambio impensabili nella assai meno aperta Grecia metropolitana.
Pag. 45

Il sentimento di unità panellenica fu certamente percepito a livello di lingua, di cultura, di religione, di stile di vita fin dal 5. secolo: lo rivela Erodoto (8, 144) che ricorda come requisiti dell’Hellenikòn, cioè dell’essere greci, quelli di avere “lo stesso sangue e la stessa lingua, i templi comuni degli dèi, i riti sacri, gli analoghi costumi”.
Tuttavia, tale sentimento non seppe mai declinarsi efficacemente a livello politico, neppure quando, con la fine del 5. secolo, si sviluppò un’acuta sensibilità al problema del panellenismo e alle forme della sua possibile realizzazione storica.
La stessa crisi della polis, che caratterizza il 4. secolo avanzato e le epoche successive, ha le sue radici nell’incapacità del sistema polis di superare i suoi limiti e le sue contraddizioni e, quindi, di garantire al mondo greco, oltre alla necessaria stabilità, un’unità di intenti capace di contrastare efficacemente spinte imperialistiche esterne: la debolezza della Grecia di fronte alla Macedonia di Filippo, di Alessandro, dei diadochi e, poi, di fronte a Roma sta tutta in questa incapacità di superare le contrapposizioni reciproche per presentarsi all’esterno in modo unitario e, quindi, come interlocutore efficace.
Pag. 53

Bibliografia

  1. Preistoria e protostoria

I Greci: storia, cultura e società / a cura di S. Settis. – Einaudi, 1996

  1. La civiltà minoica

La civiltà di Creta / S. Hood. – Roma, 1979

  1. La civiltà micenea

La civiltà micenea: guida storica e critica / a cura di G. Maddoli. – Laterza, 1992
I micenei: archeologia, storia, società dei Greci prima di Omero / M. Cultraro. – Roma, 2006
Troia / D. Hertel. – Bologna, 2003

  1. L’”età oscura”, 110-800 ca.

La Grecia dalla preistoria all’età arcaica / M. I. Finley. – Laterza, 1972
La Grecia delle origini / O. Murray. – Il Mulino, 1993
Le origini dei greci: dori e mondo egeo / a cura di D. Musti. – Laterza, 1985
Un’archeologia della Grecia / A. Snodgrass. – Einaudi, 1994
L’alba della grecità / M. Santucci. – Lanciano, 2010

  1. L’alto e medio arcaismo

Il mondo di Odisseo / M. I. Finley. – Laterza, 1978
Omero e la storia / P. Carlier. – Roma, 2014
La musa impara a scrivere / E. Havelock. – Laterza, 1987
Sapere e scrittura in Grecia / a cura di M. Detienne. – Laterza, 1989
Le istituzioni politiche greche / G. Camassa. – In: Storia delle idee politiche, economiche e sociali, vol. 1.: L’antichità classica. – Einaudi, 1982
Città e stati federali della Grecia classica / G. Poma. – Il Mulino, 2003
Forme della vita politica dei Greci in età arcaica e classica / G. Camassa. – Il Mulino, 2007
La città antica: guida storica e critica / C. Ampolo. – Laterza, 1980
La città antica: istituzioni, società e forme urbane. – Roma, 1999
La civiltà dei greci: forme, luoghi, contesti. – Roma, 2001
Il cittadino nella Grecia antica / C. Mossé. – Roma, 1998
La polis greca / C. Bearzot. – Il Mulino, 2009
Storia d’Europa e del Mediterraneo. Il mondo antico: vol. 2. La Grecia, 3. Grecia e Mediterraneo dall’8. secolo a. C. all’età delle guerre persiane
Lo scudo di Achille: idee e forme di città nel mondo antico / D. Musti. – Laterza, 2008
Alimentazione e demografia nella Grecia antica / L. Gallo. – Salerno, 1984
La nascita della città greca: culti, spazio e società nei secoli 8.-6. a. C. / F. de Polignac. – Milano, 1991
L’esperienza religiosa antica: introduzione alle culture antiche / E. Greco. – Einaudi, 1992
I greci: il sacro e il quotidiano / C. Bearzot. – Cinisello Balsamo, 2004
Storia del pensiero politico antico / S. Gastaldi. – Laterza, 1998
Il pensiero politico in pratica: Grecia antica, secoli 7. a. C. – 2. d. C.) / P. Cartledge. – Roma, 2011
Stati federali greci: focesi, calcidesi di Tracia, acarnani / S. N. Consolo Langher. – Messina, 1996
Il federalismo nel mondo antico. – Milano, 2005
Partiti e ideologie negli stati federali greci / C. Bearzot. – In: “Partiti” e fazioni nell’esperienza politica greca. – Milano, 2008
Il federalismo greco / C. Bearzot. – Il Mulino, 2014
Le eterie nella vita politica ateniese del 6. e del 5. secolo / F. Sartori. – Roma, 1967
Il simposio nel suo sviluppo storico / D. Musti. – Laterza, 2001
I migliori di Atene: la vita dei potenti nella Grecia antica / P. Schmitt Pantel. – Laterza, 2012
L’alba della Magna Grecia / D. Ridgway. – Milano, 1984
I greci sui mari: traffici e colonie / J. Boardman. – Firenze, 1986
Antiche fondazioni greche / F. Cordano. – Firenze, 1986
Colonie greche dell’Occidente antico / E. lepore. – Roma, 1989
Grecità di frontiera / L. Braccesi. – Padova, 1994
Il Mediterraneo nell’età arcaica / M. Gras. – Paestum, 1997
Grecità adriatica / L. Braccesi. – Il Mulino, 1977
Il commercio greco arcaico / A. Mele. – Napoli, 1979
La nascita della moneta: segni premonetari e forme arcaiche di scambio / N. Parise. – Roma, 2000
Scrittura e mutamento delle leggi nel mondo antico / G. Camassa. – Roma, 2011
Studi sull’omicidio in diritto greco e romano / E. Cantarella. – Milano, 1976
Phonos: l’omicidio di Draconte all’età degli oratori / L. Pepe. – Milano, 2012
La città e il tiranno: il concetto di tirannide nella Grecia del 7.-6. secolo a. C. / G. Giorgini. – Milano, 1993
Tirannidi arcaiche in Sicilia e Magna Grecia / N. Luraghi. – Firenze, 1994
I tiranni in Sicilia / L. Braccesi. – Laterza, 1998
La guerra nel mondo antico / H. Sidebottom. – Il Mulino, 2014
L’invenzione della diplomazia nella Grecia antica / L. Piccirilli. – Roma, 2002

Cap. 2. La Grecia tardo-arcaica

Nel capitolo precedente, la trattazione relativa alla Grecia dell’alto e medio arcaismo ci ha portato spesso, a proposito dei fenomeni come la tirannide e la colonizzazione, a considerare avvenimenti di pieno 6. secolo.
In questo capitolo si intende proporre un quadro complessivo della Grecia coem essa si assestò nel tardo arcaismo, cioè nel corso del 6. secolo e agli inizi del 5., prima della svolta epocale delle guerre persiane che introduce alla cosiddetta “età classica”.

Bibliografia

  1. I Greci d’Asia e delle isole

Mileto: aspetti della città arcaica e del contesto ionico / C. Talamo. – Roma. 2004
Tra mare e continente: l’isola d’Eubea / a cura di C. Bearzot e F. Landucci. – Milano, 2013

  1. La Grecia centro-settentrionale

La Lega tessala fino ad Alessandro Magno / M. Sordi. – Roma, 1958
Nascita e struttura dello stato macedone / L. Moretti. – In: storia e civiltà dei greci, vol. 5.3. – Milano, 1979

  1. Atene

Atene nell’epoca classica / P. Funke. – Il Mulino, 2001
Breve storia di Atene / L. Asmonti. – Roma, 2009
Aristotele, Atene e le metamorfosi dell’idea democratica: da Solone a Pericle / E. Poddighe. – Roma, 2014
La nascita della categoria del politico in Grecia / Chr. Meier. – Il Mulino, 1998
Arte e cultura nell’Atene di Pisistrato e dei Pisistratidi / S. Angiolillo. – Laterza, 1997
La città e l’oracolo: i rapporti tra Atene e Delfi in età arcaica e classica / A. Giuliani. – Milano, 2001
Il cittadino e la polis: le origini della cittadinanza nell’Atene antica / P. B. Manville. – Genova, 1999
Atene: la costruzione della democrazia / G. Camassa. – Roma, 2007

  1. Sparta e il Peloponneso

Sparta / E. Baltrusch. – Il Mulino, 2002
La nascita del kosmos: studi sulla storia e la società di Sparta / M. Nafissi. – Napoli, 1991
L’ordine delle generazioni: classi di età e costumi matrimoniali nell’antica Sparta / M. Lupi. – Laterza, 2000
Un progetto di riforma per Sparta: la Politeia di Senofonte / E. Luppino. – 1988
Pausania e le tradizioni democratiche: Argo ed Elide / U. Bultrighini. – 1990
Argo: una democrazia diversa / a cura di C. Bearzot e F. Landucci. – 2006

  1. I greci d’Occidente

Storici greci d’Occidente / a cura di R. Vattuone. – 2002
La Sicilia antica / a cura di E. Gabba e G. Vallet. – 1980
Megale Hellas: storia e civiltà della Sicilia greca / a cura di G. Pugliese Carratelli. – 1983
Sikanie: storia e civiltà della Sicilia greca / a cura di G. Pugliese Carratelli. – 1985
La Sicilia greca / L. Braccesi e G. Millino. – 2000
Magna Grecia: il quadro storico / D. Musti. – Laterza, 2005
La Sicilia antica / M. Dreher. – Il Mulino, 2010
Cartagine / W. Huss. – 1999
Italia omnium terrarum parens: la civiltà degli enotri, choni, ausoni, sanniti, lucani, brettii, sicani, siculi, elimi / G. Pugliese Carratelli (a cura di). – 1991

 

 

Cap. 3. Il quinto secolo

Verso il 500 a. C., dunque, la Persia di Dario 1. controllava l’intero bacino orientale del Mediterraneo; città e popoli che si trovavano nel suo territorio godevano di una certa autonomia ed erano liberi di esprimere la propria identità culturale; tuttavia, l’esazione fiscale sottraeva loro risorse, il controllo territoriale inibiva le diverse forme di mobilità e di scambio che avevano caratterizzato il mondo egeo, la tendenza all’espansionismo costituiva un grave motivo di preoccupazione.
La possibilità di una convivenza dei greci d’Asia minore e delle isole prospicienti con la presenza persiana veniva così a dipendere da equilibri assai delicati.
Pag. 97

Dalle guerre persiane l’identità greca uscì fortemente consolidata, sulla base di un modello “oppositivo”, di carattere non tanto etnico quanto culturale: i greci si erano accorti di essere profondamente diversi dai persiani per riferimenti di valore e stile di vita, e rivendicavano ora, con la vittoria, la loro superiorità.
I greci che avevano resistito con successo all’invasione persiana erano quelli “che pensavano il meglio per la Grecia” (Erodoto, 7., 145 e 172) perché “volevano essere liberi” (Erodoto, 7., 178); erano quanti avrebbero potuto far proprie le parole degli Spartiati Spertia e Buli che, al persiano Idarne che dichiarava di non comprendere la loro ostinazione a non volersi fare amici del Re, risposero (Erodoto 7., 235):
“Idarne, il consiglio che ci dai non è equo. Tu ci consigli avendo sperimentato una cosa, ma essendo inesperto dell’altra.
Tu conosci bene l’essere schiavo, ma non hai mai fatto esperienza della libertà, se sia dolce o no.
Se l’avessi provata, ma non le lance, ma persino con le scuri ci consiglieresti di combattere per essa”.
Con tutto ciò, non sarebbe corretto, coem è stato ampiamente sottolineato, interpretare le guerre persiane in chiave nazionalistica: durante tutto il conflitto i greci mostrarono profonde divisioni tra loro, non solo tra antipersiani e medizzanti, ma anche all’interno della stessa Lega degli Hellenes, e queste divisioni riemersero drammaticamente all’indomani della vittoria.
Tuttavia i greci, trovandosi a fronteggiare un attacco che, nonostante la diversa opinione dei medizzanti, era diretto non contro la sola Atene, ma contro tutta la Grecia (Erodoto 7., 138), svilupparono un’embrionale coscienza panellenica che consentì loro di superare i più accesi localismi: proprio questa visione più unitaria della grecità è il presupposto dei conflitti per l’egemonia panellenica, che si aprono con il 478.
Pag. 107-8

Altre forme di lesione dell’autonomia degli alleati si svilupparono in seguito: lo spostamento in Atene della cassa della lega, con il conseguente uso delle risorse comuni per gli interessi ateniesi; l’unificazione di moneta, pesi e misure; l’accentramento dei processi; l’imposizione di guarnigioni e di governatori; l’invio di cleruchie; l’instaurazione di regimi democratici.
Pag. 116

Non c’è dubbio, comunque, che a partire dalla rivolta di Nasso la Lega delio-attica, rispetto al momento della fondazione, andò incontro a profondi mutamenti.
Cambiò l’obiettivo della lega: dalla continuazione della guerra contro la Persia si passò alla tutela di interessi diversi, alcuni comuni, coem il controllo della libertà dei mari dalla pirateria, altri prevalentemente ateniesi, come la contesa con Sparta per l’egemonia della Grecia.
Cambiarono i caratteri dell’alleanza, che da lega militare egemonica di carattere paritario divenne un impero, un’arché in cui gli alleati erano divenuti sudditi (hypekooi).
Cambiarono i metodi di gestione delle relazioni tra egemone e membri, improntate a rapporti di potenza e non di collaborazione e ridefinite di volta in volta in trattati in cui il ruolo dell’egemone diventava sempre più oppressivo.
Tucidide si interroga insistentemente sulla natura imperialistica della lega delio-attica, in diversi discorsi che fa pronunciare a protagonisti della politica ateniese come Pericle e Cleone: e nella degenerazione della lega da alleanza paritaria a impero tirannico coglie una delle cause principali della sconfitta che Atene subì nella guerra del Peloponneso.
Pag. 118

Nel 4. secolo Aristotele (Costituzione degli Ateniesi, 63 ss.) ci informa del fatto che il sorteggio per la selezione dei giudici e la loro assegnazione alle singole corti veniva fatto di volta in volta e con una serie di complesse procedure precauzionali, che comprendevano il sorteggio immediato non solo dei giudici e del presidente del tribunale, ma anche dei funzionari incaricati di sovrintendere alle operazioni di sorteggio e di voto, in modo da assicurare la formazione di giurie assolutamente imparziali.
Lo stesso meccanismo di voto era fortemente controllato, per evitare, per esempio, che un giudice votasse due volte o votasse in un tribunale diverso da quello assegnatogli.
Pag. 126

Il sistema di sorteggio (klerosis), che costituisce una delle più significative garanzie democratiche, è stato oggetto, da parte degli antichi e dei moderni, di forti contestazioni, in quanto considerato espressione di una sostanziale indifferenza di fronte ai meriti e alle competenze dei singoli e dunque ispirato a criteri demagogici.
Pag. 128

Nella democrazia greca, alla radicalizzazione dell’esperienza democratica all’interno della comunità poleica corrispondono non l’apertura, la tolleranza e la disponibilità all’integrazione, ma la valorizzazione dell’identità e la chiusura verso l’esterno: la legge di Pericle fu una vera e propria “serrata della cittadinanza”, che, sospesa in momenti di crisi demografica (come la guerra del Peloponneso), venne poi regolarmente riproposta a emergenza superata.
Nonostante ciò, va detto che Atene era ritenuta tradizionalmente più disponibile di altre città nei confronti degli stranieri; Sparta, per esempio, faceva sorvegliare attentamente gli stranieri di passaggio dagli efori e praticava, coem si è detto, regolari xenelasiai, “espulsioni di stranieri”, per evitare che i contatti con gli stranieri alterassero il delicato sistema spartano.
Pag. 132

Tali differenze sembrano legate alla presenza di una democrazia nell’isola (si fa infatti riferimento, secondo l’integrazione comunemente accolta, al “demos dei Sami”), evidentemente imposta dagli ateniesi vincitori.
….
Una novità significativa di questi anni sembra però l’imposizione di democrazie, che non caratterizzava, in origine, l’arché ateniese, ma che in alcuni casi (Mileto, Samo, Colofone) sembra da considerare assai probabile o addirittura sicura e che è comunque attestata dalla Costituzione degli ateniesi pseudosenofontea.
Pag. 136

Bibliografia

Introduzione alle guerre persiane / G. Nenci. – 1958
L’epoca delle guerre persiane / P. Vannicelli. – In: Storia d’Europa e del Mediterraneo: il mondo antico. – 2007
Resistenza e intesa: studi sulle guerre persiane in Erodoto / P. Vannicelli. – Laterza, 2013
La Persia antica / J. Wiesehofer. – Il Mulino, 2003
I greci e gli altri: convivenza e integrazione / C. Bearzot. – Roma, 2012
L’Europa nel mondo antico / a cura di M. Sordi. – 1986
La rivolta ionica / P. Tozzi. – 1978
La battaglia di Maratona / P. Krentz. – Il Mulino, 2010
Maratona: il giorno in cui Atene sconfisse l’impero / R. A. Billows. – 2010
Le Termopili: geografia e storia / P. Janni. – In: Geografia storica della Grecia antica. – Laterza, 1991
La battaglia delle Termopili: una sconfitta che vale una vittoria / M. Moggi. – In: Il dopoguerra nel mondo antico: politica, propaganda, storiografia. – 2007
I tiranni in Sicilia / L. Braccesi. – Laterza, 1998
La monarchia di Gelone tra pragmatismo, ideologia e propaganda / G. Maffodda. – 1996


  1. Atene e Sparta: il modello della doppia egemonia
  2. Democrazia e imperialismo

Il sistema non riformabile: la pseudosenofontea Costituzione degli ateniesi e l’Atene periclea / E. Flores. – 1982
Pericle di Atene e la nascita della democrazia / D. Kagan. – 1991
Il governo della città: Pericle nel pensiero antico / A. Banfi. – Il Mulino, 2003
Pericle: l’inventore della democrazia / C. Mossé. – Laterza, 2006
Demokratia: origini di un’idea / D. Musti. – Laterza, 1995
La democrazia ateniese nel 4. secolo a. C. / M. H. Hansen. – 2003
La vita quotidiana della donna nella Grecia antica / C. Mossé. – Milano, 1988
Schiavitù antica e ideologia moderne / M. I. Finley. – Laterza, 1981
Gli schiavi nella Grecia antica / Y. Garlan. – Milano, 1984
La democrazia ateniese e gli alleati / S. Cataldi. – 1984

  1. La guerra del Peloponneso: due blocchi a confronto

La guerra del Peloponneso / B. Cleckmann. – Il Mulino, 2010
Biaios didaskalos: guerra e stasis a Corcira tra storia e storiografia / M. Intieri. – Rubettino, 2002
Platea: momenti e problemi della storia di una polis / L. Prandi. – 1988
Ricerche sulla concessione della cittadinanza ateniese nel 5. secolo a. C. / L. Prandi. – 1982
Tendenze politiche ad Atene: l’espansione in Sicilia dal 458 al 415 a. C. / S. Cagnazzi. – Laterza, 1990
Prospettive occidentali allo scoppio della guerra del Peloponneso / S. Cataldi. – 1990
Logoi e storia in Tucidide: contributo allo studio della spedizione ateniese in Sicilia del 415 a. C. / R. Vattuone. – 1992
La spedizione ateniese contro Melo del 416 a. C.: realtà e propaganda / S. Cagnazzi. – Laterza, 1983
Tucidide e l’impero: la presa di Melo / L. Canfora. – Laterza, 2002

Cap. 4. Il quarto secolo

Sparta era stata, fino al 479, la città prostates del mondo greco: il re Cleomene 1. (circa 520-488) aveva sostenuto questo riconosciuto ruolo egemonico con una politica assai attiva nella difesa del Peloponneso e nel settore dell’egemonia continentale, evitando tuttavia avventure in aree geopolitiche remote.
Con la fine della seconda guerra persiana, Sparta aveva manifestato chiaramente la sua riluttanza ad assumersi le responsabilità connesse con l’egemonia panellenica, in particolare la difesa dei Greci che vivevano nei territori del Re; di fatto essa aveva ceduto agli Ateniesi l’egemonia sul mare, inaugurando la stagione del bipolarismo, in cui l’equilibrio del mondo greco veniva fatto dipendere dalla divisione delle sfere di influenza.
Con la spedizione in Tracia del 424 e la guerra deceleica gli orizzonti spartani si ampliarono notevolmente, anche per impulso di personalità coma Brasida e Lisandro: se pur non senza resistenze interne, Sparta seppe impegnarsi in queste occasioni lontano dal suo territorio, per terra e per mare.
Con la vittorio de 424, la liberazione della Grecia dall’influenza ateniese e l’assunzione dell’egemonia, Sparta si trovò al centro di un sistema egemonico il cui mantenimento imponeva, in contrasto con le sue tradizioni, un deciso interventismo, la disponibilità di ingenti risorse e l’abbandono di quegli ideali di autonomia di cui essa si era fatta portavoce nel 432/1, al momento di entrare in guerra con Atene.
Le conseguenze furono gravi sia per Sparta, sia per la Grecia, che subì, tra 404 e 371, un imperialismo assai più pesante di quello ateniese.
Dal canto suo, Atene seppe promuovere una riflessione sulle vicende che l’avevano vista protagonista nel 5. secolo e trarne i necessari insegnamenti: essa non ripropose, quindi, l’imperialismo di cui la Lega delio-attica era stata strumento, ma anzi seppe sottrarre a Sparta la bandiera dell’autonomia, valore che essa difendeva a parole ma contraddiceva nei fatti.
Tuttavia, Atene non seppe cogliere, dopo la fine dell’egemonia spartana nel 371, l’occasione che le si offriva di tornare ad essere il punto di riferimento del mondo greco.
Un mondo in cui peraltro, fin dal 404, andavano emergendo sempre più prepontemente quelle “terze forze” che già avevano rivendicato un loro spazio nel 5. secolo, all’epoca  dello scoppio della guerra del Peloponneso e poi, in particolare, nel periodo 421.418 (Corinto, Argo, Tebe): sarà proprio una di queste “terze forze”, Tebe, a essere protagonista dell’ultimo tentativo, da parte di una polis, di ottenere l’egemonia panellenica.
A questi elementi vanno aggiunti il risveglio e la progressiva affermazione degli stati federali, che nel corso del 4. Secolo vedranno accrescere la loro importanza rispetto alle città, anche grazie alla maggiore estensione territoriale e alle maggiori risorse economiche e demografiche di cui potevano godere.
Come è stato sottolineato, il mondo greco del 4. secolo, dunque, non è più un mondo bipolare, ma un mondo policentrico (D. Musti), caratterizzato dalla “ricerca fallita di un equilibrio” (M. Sordi).
La consapevolezza della debolezza derivante da un’eccessiva conflittualità condusse alla ricerca di strumenti che assicurassero maggiore stabilità, di carattere giuridico (la koinè eirene o “pace comune”) o anche, semplicemente, propagandistico (l’ideale panellenico, l’ideologia antibarbarica), capaci di mobilitare le forze greche per un obiettivo comune.
Il fallimento di questi diversi tentativi appare già chiaro nel disordine e nella confusione (akrisia kai taraché) in cui la Grecia si trovava nel 362, all’indomani della battaglia di Mantinea, secondo il celebre giudizio di Senofonte (7., 5, 27), la nostra fonte più importante per il periodo tra il 404 e il 362, ed emerge con particolare evidenza nell’inadeguatezza del mondo greco a contrastare efficacemente l’azione intelligente e costruttiva di Filippo 2. di Macedonia: si può ben dire che questo fallimento costituisce la fondamentale caratteristica di quello che può essere caratterizzato, almeno dal punto di vista della Grecia delle città, come un “secolo breve”.
Pag. 169-70

La pace del Re era stata per Sparta, nell’immediato, un grande successo diplomatico; sulla lunga distanza, però, lo sfruttamento di questo strumento giuridico in chiave di politica di potenza ne vanificò i risultati.
Sparta dimostrò infatti di non poter rinunciare al sostegno persiano e, quindi, di non potersi assumere coerentemente la tutela dei Greci d’Asia, nonché di imporre a città e federazioni il principio dell’autonomia con estremo rigore, ma senza poi rispettarlo essa stessa.
Con le armi della politica e della propaganda Atene si impegnò, dopo il 387/86, a denunciare questo equivoco, riappropriandosi della pace comune e del principio dell’autonomia, che essa pose, con un significativo sforzo di superamento dell’esperienza imperialistica del 5. Secolo, alla base della Seconda lega navale.
Pag. 187

Ma la Grecia era anche completamente diversa che all’epoca di Leuttra: Sparta, rimasta esclusa dalla pace comune conclusa dopo la battaglia per la questione di Messene, era del tutto isolata; Atene, indebolita nel suo impero, stava per essere travolta dalla guerra degli alleati; nel Peloponneso, nonostante la scarsa stabilità, il federalismo e il movimento democratico erano in pieno sviluppo; la Grecia settentrionale, con la Macedonia e la Tessaglia, era stata pienamente coinvolta nelle vicende greche e si preparava a svolgere quel ruolo da protagonista che Senofonte mostra di intuire nei discorsi che presta a Cligene di Acanto (Elleniche, 5., 2, 12-19) e a Polidamante di Farsalo (Elleniche, 6., 4-16).
Il rapido fallimento dell’egemonia tebana rese evidente la fine del ciclo storico delle egemonie cittadine, ma Pelopida ed Epaminonda recuperarono i punti principali del programma di Giasone di Fere e trasmisero questo modello a Filippo di Macedonia, che proprio a Tebe si era formato e che dei due grandi tebani riprese la politica peloponnesiaca e tessalica e fu il vero erede.
Pag. 202

Egli fece della polis Siracusa il centro di un grande impero, comprendente la Sicilia greca e indigena, liberata dal pericolo cartaginese, la Magna Grecia, l’Adriatico e il Tirreno, e addirittura i popoli barbarici dell’Occidente: una realtà sovranazionale e multietnica veramente “europea”, e in senso ben diverso da quel concetto di Europa sostanzialmente ellenocentrico che trova riscontro nella tradizione greca.
Uno stato complesso, con un territorio non omogeneo ma articolato, in cui Siracusa, polis capitale ed egemone, si collegava attraverso un sistema di rapporti con realtà diverse, città e popolazioni, greci, indigeni e barbari, seguendo moduli diversi adatti alle diverse situazioni (alla dura repressione verso le città calcidesi dell’area etnea e verso Reggio fanno riscontro i rapporti di amicizia e di alleanza con Messina e con Locri e le aperture nei confronti degli indigeni); uno stato di cui si è riconosciuto il carattere paradigmatico rispetto a esperienze come quelle degli stati ellenistici (per il quali sarebbe errato limitarsi a riconoscere le influenze orientali) e della stessa Roma.
Pag. 220

 

 

Bibliografia

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Federalismo e autonomia nelle Elleniche di Senofonte / C. Bearzot. – 2004
Vivere da democratici: studi su Lisia e la democrazia ateniese / C. Bearzot. – 2007
Memoria e oblio della guerra civile: strategie giudiziarie e racconto del passato in Lisia / D. Piovan. – 2011
Callistene: uno storico tra Aristotele e i re macedoni / L. Prandi. – 1985
La città dissipatrice: studi sull’excursus del libro decimo dei Philippika di Teopompo / C. Ferretto. – 1984
Studi su Eforo / L. Breglia. – 1996
Eforo di Cuma: studi di storiografia greca / G. Parmeggiani. – 2011
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Atene e la crisi della democrazia / A. Natalicchio. – Laterza, 1996
La democrazia ateniese nel 4. secolo / M. H. Hansen. – 2003
Stati federali greci / S. N. Consolo Langher. – 1996
Atene “come il sole”: l’imperialismo ateniese del 5. secolo a. C. nella storia oratoria politica attica / E. Bianco. – 1994
Demokratia: origine di un’idea / D. Musti. – Laterza, 1995
Isocrate / A. Masaracchia. – 1995
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Basileis o tyrannoi: Filippo 2. e Alessandro Magno tra opposizione e consenso / G. Squillace. – 2004
Demostene / W. Jaeger. – Einaudi, 1942
Per la cronologia di Demostene / L. Canfore. – Laterza, 1968
Demostene / P. Carlier. – 1994
Un imperialismo tra democrazia e tirannide: Siracusa nei secoli 5. e 4. / S. N. Consolo Langher. – 1997
I figli di Marte: mobilità, mercenari e mercenariato italici in Magna Grecia e Sicilia / G. Tagliamonte. – 1994

Cap. 5. Alessandro e l’ellenismo

La prima fase della spedizione iniziò nella primavera del 324.
Pag. 234

In queste vicende si manifesta con grande chiarezza lo scontro fra la visione vetero-macedone della regalità, che vedeva il sovrano come il migliore dei suoi pari, e quella orientalizzante, che isolava il sovrano in una dimensione di eccezionalità quasi sovrumana.
Alcuni dei greci, come appunto Anassarco, erano possibilisti di fronte all’affermazione di una monarchia assoluta: il filosofo, chiamato a consolare Alessandro dopo la morte di Clito, gli disse che “ogni cosa decisa da Zeus è fatta con giustizia; dunque anche le azioni compiute da un grande re devono essere ritenute giuste” (Arriano, 4., 9, 7).
Tuttavia la condanna di Callistene alienò ad Alessandro le simpatie di cui egli godeva nell’ambiente degli intellettuali greci.
Nel 326 Alessandro penetrò in India
Pag. 240

L’anno successivo, immettendo 20.000 persiani nella falange, Alessandro mostrò di voler proseguire sulla strada della fusione etnica forzata.
A proposito della guerra di Alessandro alla rivolta di Opis, Arriano (7., 8, 3) nota che egli “era più irritabile per il servilismo dei barbari, e non più ben disposto come prima nei confronti dei Macedoni”; la necessità, certamente chiara ad Alessandro, di adattare la tradizionale regalità macedone a una situazione ormai completamente diversa da quella del momento della sua ascesa al trono nel 336, fu percepita dalle fonti greche come la conseguenza della corruzione cui il contatto con il lusso dell’Oriente e l’adulazione dei barbari avevano esposto Alessandro.
Pag. 241

La spedizione condotta dallo zio di Alessandro, Alessandro il Molosso, in Italia tra 334/3 e 331/0 rende non del tutto improbabile un interesse di Alessandro per il mondo occidentale.
Pag. 242

Le luci e le ombre del ritratto arrianeo sono le medesime che traspaiono dal dibattito dei moderni, che hanno privilegiato, sulla scia della vivacissima discussione degli antichi, ora l’Alessandro conquistatore, mosso dal desiderio di conquista e di conoscenza, edificatore di un impero universale e multietnico, capace di superare la tradizionale chiusura della polis, greca, ora l’Alessandro intollerante di ogni limite imposto alla sua volontà, sensibile alle forme autocratiche del potere del culto della personalità, spregiatore delle migliori tradizioni greco-macedoni.
Indubbiamente Alessandro fu assai meno sensibile del padre Filippo ai valori del mondo greco, ci sui apprezzò la cultura, ma senza condividerne profondamente i contenuti politici e ideologici.
Così, se Filippo aveva cercato di inserire l’egemonia macedone in schemi greci, Alessandro impose a tutti, greci e macedoni, una monarchia universale, esercitata su un territorio vastissimo ed eterogeneo sul piano etnico e culturale, che, nel suo carattere divino, tradiva e insieme superava sia i valori della tradizione macedone, sia quelli della polis greca, destinata a sopravvivere solo come realtà culturale e come luogo di uno specifico stile di vita.
Non sorprende, quindi, che la sua figura abbia suscitato da sempre un accanito dibattito e gli aspetti indubbiamente innovativi della sua opera gli abbiano assicurato una straordinaria fortuna, tanto nell’antichità quanto in ogni epoca successiva.
L’immagine “romantica” di Alessandro, desideroso di giungere, nella sua ansia di conoscenza e di conquista, ai confini del mondo conosciuto, ha attraversato i secoli.
E’ la suggestione di questa immagine che induce il sobrio Arriano a chiudere la sua Anabasi di Alessandro affermando che “non ci fu popolo, né città, né un solo uomo di quel tempo cui non sia giunto il nome di Alessandro; non mi sembra che un uomo simile, non somigliante a nessun altro, sarebbe potuto nascere senza un intervento divino” (7., 30, 2).

Nel 285 la Macedonia restò nelle mani del solo Lisimaco.
Lisandra, figlia di Tolomeo e vedova del figlio di Lisimaco, Agatocle, che il padre aveva fatto uccidere, si rivolse a Seleuco, che nel 281 invase l’Asia Minore, giunse rapidamente a Sardi e sconfisse Lisimaco nella piana di Curupedio, presso Magnesia al Sipilo.
Tolomeo era morto nel 283 e Seleuco si trovava a questo punto nella posizione ideale per diventare re di Macedonia e ricostituire l’impero di Alessandro: ma nell’autunno del 281 egli venne ucciso da Tolomeo Cerauno, figlio di Tolomeo, che era stato privato del regno dal fratellastro Tolomeo 2. e cercava una compensazione in Macedonia.
A Seleuco successe il figlio Antioco 1., già associato al regno fin dal 293 (queste forme di condivisione del potere intendevano favorire la successione dinastica ed evitare il rischio di rivendicazioni inattese e di vuoti di potere).
Dopo quarant’anni di guerre e di spartizioni, i quattro stati territoriali nati dalla divisione dell’impero di Alessandro si erano ridotti a tre per la definitiva scomparsa del regno di Lisimaco, a cavallo tra Europa e Asia.
Di questi tre, due si erano ormai assestati: l’Egitto era stabilmente guidato da Tolomeo 2., della dinastia dei Lagidi; la Siria, comprendente tutti i domini asiatici, da Antioco 1., della dinastia dei Seleucidi; solo la Macedonia appariva ancora instabile, sia per la costante irrequietezza della Grecia, sia perché la corona non era ancora saldamente nelle mani di alcuna dinastia.
Tolomeo Cerauno, divenuto re, morì nel 279 combattendo contro i celti (chiamati galati dai greci), che scendendo dalle regioni balcaniche avevano attaccato la Macedonia.
Nello stesso anno essi investirono Delfi, che fu difesa con successo dai focesi e soprattutto dagli etoli; un altro gruppo si diresse verso la Tracia e fu fermato da Antigono Gonata a Lisimachia, nel 277.
La vittoria sui galati assicurò al Gonata il trono macedone; il tentativo di Pirro, rientrato dalla sfortunata avventura in Italia e in Sicilia (280-275), di usurpare nel 274 il trono macedone si concluse con la sua morte ad Argo, nel 272.
Il superstiti passarono in Asia minore, dove imperversarono a lungo, finché, intorno al 230, furono vinti da Attalo 1., re di Pergamo (città che si costituì in regno indipendente dal dominio di Seleuco nel 263) e si stanziarono nella regione che fu poi chiamata Galazia.
Pag. 249

Persino i democratici come Demostene non potevano fare a meno di rilevare l’efficienza e la rapidità di decisione e di azione della monarchia macedone, a fronte dei conflitti interno e della lentezza dei processi decisionali cittadini.
Pag. 252

Il nuovo ruolo svolto dalle città è una delle caratteristiche dell’ellenismo.
La polis assunse nell’epoca ellenistica una caratterizzazione più omogenea rispetto alla grande varietà di modelli dell’arcaismo e dell’età classica.
Le istituzioni erano molto simili tra loro e comprendevano un consiglio, un’assemblea, tribunali e magistrature elettive: si trattava, in sostanza, di democrazie moderate, nell’ambito delle quali si formarono, col tempo, aristocrazie di notabili.
L’autonomia promessa alle città dalla propaganda di Antigono e di Tolomeo, che garantiva, secondo una formula assai fortunata, “libertà, autonomia, immunità dai tributi, immunità dalle guarnigioni”, si traduceva nei fatti in una autonomia puramente amministrativa: le città libere e autonome non erano soggette al diretto controllo dei delegati del re, potevano eleggere liberamente i loro magistrati, legiferare, battere moneta, amministrare la giustizia, nonché sottoscrivere alcuni accordi di carattere internazionale, ma non avevano una vera indipendenza politica.
……………..
Nelle città sorsero gruppi di “ellenisti”, individui di origine non greca, ma che parlavano greco e apprezzavano lo stile di vita greco, espresso soprattutto nella frequentazione del ginnasio; tuttavia, la massa degli indigeni restò ai margini di questo processo “a senso unico” e non si determinò mai in una vera assimilazione, se non, forse, in campo religioso, dove la diffusione di divinità non greche e lo sviluppo di culti misterici avvicinò  greci e indigeni più che in altri settori.
Il tramonto dell’esperienza politica della polis, però, favorì certamente una percezione diversa, e caratterizzata da maggiore apertura, verso lo straniero.
La grande crescita della popolazione e la commistione che essa portò con sé creò, soprattutto nelle grandi metropoli ellenistiche, un tessuto sociale assai composito, in cui la diversità, anche etnica, fu percepita in forma meno drammatica.
All’interno delle città, la differenza tra meteci e xenoi, così forte nella polis classica, si affievolì; lo sviluppo della vita associativa, in ambito militare, commerciale e religioso-cultuale, favorì l’integrazione degli elementi stranieri, anche di etnia non greca.
Certo, se nell’ambito del regno seleucido, che ereditò il carattere sovranazionale dell’Impero persiano, le differenze etniche e culturali furono meno sentite, in Egitto, dove i Tolomei non perseguirono alcun tentativo di integrare gli indigeni, le difficoltà furono molto maggiori e solo con la decadenza dell’esercito greco-macedone e la conseguente necessità di procedere all’arruolamento su base locale essi ottennero una progressiva promozione.
Ma Alessandria, la grande metropoli in cui convissero, accanto ai conquistatori greco-macedoni, le etnie più diverse, può ben costituire un esempio della diversa capacità del mondo ellenistico, rispetto a quello della Grecia classica, di realizzare una più efficace integrazione fra uomini di provenienza eterogenea, rimuovendo discriminazioni e pregiudizi culturali e realizzando un’unità linguistica, giuridica, di costumi, insomma di civiltà capace di maggiore accoglienza: la città ellenistica, concepita come centro di cultura piuttosto che come forma di stato, può essere considerata, diversamente da quella classica, più adatta a favorire forme di integrazione.
Pag. 254-56

Bibliografia

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Alessandro Magno: la realtà e il mito / C. Mossé. – Laterza, 2001
Atene nell’età di Alessandro: problemi politici, economici, finanziari / M. Faraguna. – 1992
L’Alessandro occidentale: il macedone e Roma / L. Braccesi. – 2006
L’ellenismo / F. Landucci. – Il Mulino, 2010
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Fra ellenismo e iranismo / D. Asheri. – Il Mulino, 1983
L’Egitto dopo i faraoni: da Alessandro Magno alla conquista araba / A. Bowman. – 1988

Cap. 6. La Grecia e Roma

Polibio scrisse le sue Storie per “conoscere in che modo e con quale costituzione i Romani riuscirono, in meno di cinquantatré anni, a vincere e a ridurre sotto il loro dominio quasi l’intero mondo conosciuto, cosa mai accaduta in passato” (1., 1, 5).
I cinquantatré anni di cui parla lo storico acheo sono quelli che vanno dal 220 al 167, dalla guerra annibalica alla sottomissione della Macedonia.
Polibio riteneva che i romani, in questo arco di tempo, avessero elaborato e sistematicamente realizzato un piano di espansione avente come obiettivo la progressiva unificazione dell’ecumene.
Egli fu dunque, in un certo senso, il primo a porsi il problema, tanto dibattuto, del cosiddetto “imperialismo” romano.
Negli ultimi decenni la questione è stata ampiamente ridiscussa, ora revocando in dubbio la possibilità stessa di utilizzare con riferimento alla storia romana il concetto di “imperialismo”, ora invece riaffermando il carattere imperialistico della politica romana e contestando i fondamenti della teoria dell’”imperialismo difensivo”, secondo cui Roma si sarebbe impegnata in Oriente per sventare le minacce che da quell’area provenivano effettivamente o che come tali venivano percepite, sulla base della nozione di guerra preventiva.
La discussione ha condotto a un equilibrato ridimensionamento della teoria imperialistica.
La reale incidenza della preoccupazione difensiva nella condotta romana, la presenza di una forte componente etica nella decisione politica relativa all’entrata in guerra, il peso di motivi ideali come quello, celeberrimo e troppo spesso ridotto al livello di pure pretesto, della libertà dei greci, e di disposizioni “culturali” come il filellenismo sembrano, infatti,  di ammettere.
Allo stesso modo, Roma svolse una coerente politica di non annessione e di “clientela” nei confronti della Grecia e dell’Oriente ellenistico, allo scopo di garantire il mantenimento di un equilibrio politico generale: la realizzazione di questo equilibrio va quindi ritenuta il vero obiettivo del dominio romano fino alla fondazione della provincia di Macedonia e conservò anche in seguito, per una parte della classe dirigente romana, una sua validità, pur scontrandosi con l’emergere di una mentalità espansionistica nei gruppi finanziari e commerciali, nelle masse meno abbienti e in coloro che si facevano sostenitori delle loro rivendicazioni.
L’incidenza dei fattori economici, del resto, non va sopravvalutata, giacché, se la conquista apportò indubbi vantaggi economici, non fu però, a quanto sembra, una politica economica a guidare la condotta romana.
Un irrigidimento della politica romana e una progressiva affermazione dell’utilitarismo, con la spregiudicata accettazione dell’impero e dei suoi vantaggi e con il passaggio da una fase propriamente “imperialistica”, sembrano da individuare a partire dal 167 o addirittura dal 172.
Tale svolta fu del resto già colta dalla tradizione antica, che indicava nella guerra contro Perseo il momento dell’affermazione, peraltro non incontestata, di una nuova condotta politica, la nova sapientia di cui parla Livio (42., 47, 2-9).
Pag. 275-76

E’ chiaro che questa prospettiva conduce all’ammissione di una volontà interventista da parte romana, individuando già nella seconda guerra macedonica quella svolta nella politica romana che viene in genere collocata dopo Pidna.
E’ stato posto l’accento su fattori diversi, coem lo sviluppo di una mentalità espansionistica in alcuni strati della società (masse e ceti finanziari e commerciali) e l’emergere di ambizioni personali; l’incidenza di fattori ideologici e culturali (primo fra tutti il filellenismo della classe dirigente) che avrebbero indotto Roma, di fronte alle richieste di intervento da parte greca e rodio-pergamena, a guardare alla Grecia come doveroso e privilegiato ambito di intervento; la prosecuzione da parte di Roma  di quella linea tradizionale che la portava, nei settori in cui non avesse ancora maturato un  progetto autonomo, a offrire la propria disponibilità militare e politica agli alleati, in questo caso Pergamo e Rodi.
La spinta offensiva sarebbe stata incoraggiata, sul piano internazionale, soprattutto dalla crisi dell’Egitto tolemaico sotto il regno di Tolomeo 5. e dal conseguente squilibrio in ambito mediterraneo a favore della Siria e della Macedonia: una situazione cui Roma, vuoi per il senso di insicurezza che gliene derivava, vuoi per compiacere i suoi alleati, avrebbe risposto con la guerra.
Una convergenza di elementi diversi e complessi, dunque, avrebbe determinato una volontà, se non propriamente imperialistica, almeno interventistica e comunque non certo difensiva ma piuttosto offensiva.
Pag. 289

Inoltre la guerra siriaca ebbe gravi ripercussioni interne, giacché comportò l’apertura di un intenso dibattito all’interno della classe dirigente romana.
Alla politica filellenica di Flaminimo e degli Scipioni, incentrata sul tema della libertà e dell’autonomia delle città, veniva contrapposta la politica ben più aggressiva nei confronti dell’Oriente greco del gruppo di cui, sullo scorcio della guerra siriaca, si fece portavoce Vulsone (il cui discorso per la richiesta del trionfo, conservato in Livio 38., 47-49, costituisce un vero e proprio “manifesto” imperialista).
I due gruppi ebbero significativi appoggi internazionali: il primo fu sostenuto dai Rodii, il secondo (che garantiva una presenza più spregiudicata e incisiva dei romani in Oriente, a tutto vantaggio dei loro alleati) aveva invece il sostegno di Eumene, a beneficio del quale era stata compiuta la spedizione galatica guidata da Vulsone.
All’idealismo filellenico o al realismo pragmatico (comunque si voglia caratterizzare la politica svolta fino a questo momento da Roma verso l’Oriente ellenistico e sostenuta da Flaminino e dagli Scipioni) si andava sostituendo progressivamente un orientamento assai diverso: è infatti proprio nel corso della guerra siriaca che, sotto diverse sollecitazioni, i romani intuirono e svilupparono la possibilità di costruire un impero universale.
Da questo momento in poi, vi furono all’interno della classe dirigente e, più genericamente, della società romana spinte non prove di risvolti “imperialistici”, che già all’indomani di Apamea cominciarono a manifestarsi per condurre, nel corso di un ventennio, alla svolta di Pidna.
Pag. 100-1

Ma è chiaro che Roma cercava ormai, e avrebbe comunque trovato, un pretesto per provocare una rottura e chiudere definitivamente il problema macedone.
Numerosi fattori spingevano in questo senso.
Prima di tutto, motivi strettamente politici, come l’effettiva preoccupazione per la riscossa macedone e il timore di una sua riaffermazione nell’Egeo, collegato anche con la possibilità (in caso di Vittoria di Antioco 4. nella contemporanea sesta guerra siriaca) di un accostamento siro-macedone, che avrebbe coalizzato contro Roma due forze desiderose di riscatto e di vendetta.
Il timore per la riaffermazione della potenza macedone è in effetti fortemente sottolineato dalle fonti: Roma, che pur annientando i nemici sconfitti aveva sempre cercato di ridurli in condizione di non nuocere, non poteva che guardare con preoccupazione alla ricostituzione della potenza macedone, a un suo reinserimento autorevole in area egea e soprattutto al prestigio che Perseo sembrava aver recuperato presso i greci (auctoritas: Livio, 42., 11, 9) e che costituiva il pericolo più serio, giacché minava il suo patrocinio su una Grecia che aveva rinunciato a occupare.
In secondo luogo, motivi difensivi, collegati soprattutto con il timore di un’invasione dell’Italia.
Essa appare, nel contesto del 172, una vera e propria chimera, giacché Perseo non aveva flotta; va tuttavia sottolineato che tale timore fu abilmente alimentato da Eumene 2. (Livio, 42., 13, 10-11: “ho ritenuto una vergogna per me che Perseo venisse in Italia a portare guerra prima che io, vostro alleato, venissi ad avvertirvi di stare in guardia”), accanito denunciatore dei pericoli, veri o falsi, che provenivano dalla Macedonia.
Tutto ciò non basta certo a giustificare giuridicamente la guerra: ma è certo che l’intervento, questa volta voluto dai romani, fu presentato come preventivo, contro un nemico che appariva tale per la sua dinamicità e la sua intraprendenza potenzialmente pericolose, più che effettivi atti ostili.
Infine, non ultimi, motivi di carattere economico.
E’ stato sottolineato l’apporto che all’iniziativa che all’iniziativa bellica fu dato dalle spinte provenienti da uomini politici plebei e dai populares, portavoce di una politica aggressiva e bellicista, dalla quale si attendevano risultati prestigiosi e vantaggi economici: queste nuove forze avrebbero avuto, in questa occasione, la meglio sull’aristocrazia senatoria, meno incline alla soluzione conflittuale.
Roma si mosse così in modo coscientemente provocatorio nei confronti di Perseo: del resto il comportamento romano suscitò perplessità già nei contemporanei, ed è a proposito dell’ambasceria con cui nell’ottobre 172, al Peneo, Quinto Marcio Filippo ingannò Perseo, protraendo i negoziati solo per permettere a Roma di prepararsi meglio a un intervento ormai deciso, che Livio (42., 47, 4-9) parla dell’affermazione di una nova sapientia, in contraddizione con i principi (a cominciare da quello della fides) che fino a quel momento avevano mosso la politica estera romana.
Pag. 305

Anche per quanto riguarda i rapporti con le altre monarchie ellenistiche il 168 costituì un anno di significativi mutamenti.
Antioco 4., subentrato nel 175 al fratello Seleuco 4., era impegnato nella sesta guerra di Siria: dopo una serie di alterne vicende militari e diplomatiche (egli, vincitore sul piano militare,  nel 169 aveva realizzato un accordo con Tolomeo 6., ma questi aveva poi accettato di dividere il regno con il fratello Tolomeo 8. e con la sorella-sposa Cleopatra, provocando la ripresa delle ostilità) aveva invaso l’Egitto e chiedeva la consegna di Pelusio e di Cipro.
Ma appunto nel 168 egli si vide imporre da Marco Pompilio Lenate ad Eleusi, un sobborgo di Alessandria, l’abbandono immediato del paese: il romano tracciò un cerchio nella sabbia intorno al sovrano seleucide, chiedendogli di dare una risposta immediata senza uscirne, se voleva mantenere l’amicizia con Roma (Polibio 29., 27).
Il trattato imposto ad Antioco 3. nel 188 in realtà non intimava restrizioni alla Siria per quanto riguardava i suoi rapporti con l’Egitto e sul piano del diritto Antioco 4. non aveva commesso violazioni: ma egli, che era salito al trono con il sostegno indiretto di Roma e non desiderava scontrarsi con essa, volle evitare di trovarsi nella situazione di Perseo e preferì soggiacere all’intimazione romana.
Roma si mostrava decisa a imporre la propria visione dell’equilibrio mediterraneo indipendentemente dal contenuto dei trattati intercorsi con gli stati ellenistici: l’intimazione di Popilio riflette infatti il rifiuto di negoziare l’obbedienza ai dettami di Roma, che intendeva essere riconosciuta coem maggior potenza mediterranea e come arbitra indiscutibile del destino degli stati che sul Mediterraneo gravitavano.
Come la Siria, costretta a prendere atto del nuovo ruolo che Roma si era scelta, con la “giornata di Eleusi”  anche l’Egitto veniva a cadere nell’orbita romana: a Roma del resto i re egiziani cercavano da tempo di appoggiarsi per sopperire alle debolezze del paese e della dinastia.
Nessuno degli Stati ellenistici si trovava più in grado di esercitare liberamente la propria sovranità nel Mediterraneo, giacché, come avevano mostrato i recenti avvenimenti, ciò rischiava di venir considerato un inaccettabile fattore di instabilità e quindi di turbamento dell’ordine romano.
Antioco 4. si volse a Oriente, dove lo chiamavano la crisi giudaica, apertasi nel 175 e gravida di pericolosi sviluppi, e l’instabilità dei confini, minacciati dai sovrani di Armenia e di Battriana e dalla crescita del regno dei Parti.
Pag. 308

Il fratello e successore di Giuda, Gionata, seppe inserirsi abilmente nelle lotte dinastiche seleucidiche e tra il 152 e il 143/2 si giunse, attraverso varie fasi, alla costruzione di uno stato giudaico indipendente.
Pag. 313

Roma, che in un primo momento non era parsa interessata all’annessione, decise allora di incamerare il territorio pergameno e nello stesso 129 Aquilio fu incaricato di organizzare la provincia romana d’Asia.
Essa comprendeva la Misia, la Lidia, la Frigia e parte della Caria ed Efeso ne fu la capitale; le città greche restarono libere e fu anzi abolito il tributo percepito dal re.
La cessione di territori ai re microasiatici, prevista da Aquilio, non fu ratificata dal senato.
Uomini dell’aristocrazia senatoria (Quinto Mucio Scevola, Publio Rutilio Rudo, Lucio Licinio Lucullo) cercarono in ogni modo di impedire l’irruzione nella nuova provincia dei publicani: con la lex Sempronia del 123, con cui C. Gracco rinnovò il sistema fiscale creando appunto un monopolio per i publicani, lo sfruttamento economico della provincia veniva affidato all’iniziativa di forze politiche diverse (i populares, che già con Tiberio Gracco avevano individuato nei tesori di Attalo un mezzo per il finanziamento della legge agraria) da quelle che avevano, di malavoglia, realizzato l’annessione.
Ormai il controllo della situazione sfuggiva di mano al Senato: concluso il ciclo che aveva portato Roma a estendere il suo controllo sulla Grecia e su parte dell’Oriente ellenistico, nuove  forze politiche si preparavano a dare una diversa impronta alla linea di comportamento da seguire in quelle aree che nel secolo successivo sarebbero state progressivamente provincializzate, aprendo un insanabile dissidio e insieme la crisi senza ritorno del governo che quelle conquiste aveva realizzato.
Roma aveva tentato a lungo di evitare l’esercizio di una dominazione diretta sulla Grecia, per motivi di carattere ideale, per valutazioni di opportunità e per questioni pratiche e organizzative.
A suo modo anche Roma, come Filippo 2. di Macedonia, aveva provato a comprendere i principi che regolavano l’equilibrio internazionale greco e ad inserirsi negli schemi politici e giuridici esistenti, presentandosi come garante della pace comune, come difensore della libertà e dell’autonomia, come egemone riconosciuto sollecitato a interventi di carattere giudiziario e militare.
Ma l’irriducibile conflittualità del mondo greco, la stessa che aveva reso debole la Grecia delle poleis, estenuatesi nelle guerre per l’egemonia, e la stessa Grecia ellenistica delle grandi monarchie, in perenne guerra reciproca, costrinsero alla fine Roma a procedere a quegli interventi di annessione territoriale e di riduzione all’ordinamento provinciale che soli potevano garantire pace e stabilità nel tormentato settore geopolitico greco-orientale.
La difesa esasperata, e quindi spesso priva di lungimiranza, da parte dei singoli Stati greci, città, fondazioni e monarchie, della libertà, dell’autonomia e del diritto a svolgere una politica conforme ai propri esclusivi interessi aveva, infine, posto termine all’indipendenza della Grecia intera.
Pag. 317-28

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Storia greca e romana / M. Sordi. – Jaca Book, 1992
Il mondo greco dall’età arcaica ad Alessandro / M. Sordi. – Jaca Book, 2004
Storia dei greci dalle origini alla conquista romana / C. Mosse… et al. – 1997
Storia greca / D. Musti. – Laterza, 1993
Storia greca / C. Orrieux e P. Schmitt Pantel. – Il Mulino, 2003
Manuale di storia greca / A. Mele…et al. – Il Mulino, 2003
Storia greca / a cura di M. Bettalli. – 2006
Il mondi dei greci / G. Daverio. – 2008
Storia greca / M. Corsaro, L. Gallo. – 2010
Storia greca / L. Breglia … et al. – 2014
La storiografia greca / K. Meister. – Laterza, 1992
La storiografia greca / L. Canfora. - 1999
Introduzione alla storiografia greca / a cura di M. Bettalli. – 2009
Storia della storiografia greca / D. Ambaglio. – Il Mulino, 2007
Storie greche: la formazione della moderna storiografia degli antichi / C. Ampolo. – Einaudi, 1997
Geografia e geografi del mondo antico / F. Prontera. – Laterza, 1983
La geografia degli antichi / F. Cordano. – Laterza, 2002
Geografia storica del mondo antico / S. Magnani. – Il Mulino, 2003
Geografia storica del mondo antico / S. Bianchetti. – Il Mulino, 2008
Storia dell’ambiente nel mondo antico / L. Thommen. – Il Mulino, 2014
Epigrafia greca / G. Klaffenbach. – 1978
L’epigrafia greca dalle origini al tardo impero / M. Guarducci. – 1987
Profilo di epigrafia greca / F. Ghinatti. – Rubbettino, 1998
Il diritto in Grecia e a Roma / M. Bretone, M. Talamaca. – Laterza, 1981
Diritto greco antico / A. Biscardi. – 1982
La religione dei greci / S. Price. – Il Mulino, 2002
 Religione e società nella Grecia antica / P. Schirripa. – 2010
La religione greca di età arcaica e classica / W. Burkert. – 2003
L’economia in Grecia / D. Musti. – Laterza, 1981
Economie e società nella Grecia antica / M. Austin, P. Vidal-Naquet. – Einaudi, 1982
L’economia delle città greche / L. Migeotte. – 2003